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“Siamo in ripresa” – Intervista a Flavio Battiston, formatore e consulente aziendale

Flavio Battiston si occupa da anni di tematiche legate alla comunicazione e alla formazione in azienda. Lo smart working, il telelavoro, la sicurezza sul luogo di lavoro intesa come percezione dei rischi e, viceversa, sensazione di comfort durante lo svolgimento della propria daily routine, tutto ciò, insomma, lo conosce molto molto bene. Durante la pausa estiva abbiamo pensato di contattarlo per sapere con esattezza che cosa sta succedendo alle aziende italiane, con uffici e fabbriche mai stati così vuoti come quest’anno. Ma anche sapere come sarà lo smartworking a partire da settembre?

Come sta passando questo momento?

Decisamente in ripresa. Le attività in aula seppur lentamente sono riprese e si lavora molto di più del periodo di lockdown. Per quanto ci si sia attrezzati per lavorare a distanza, alcune attività, come la formazione su quelle tematiche particolarmente sentite come la sicurezza sul luogo di lavoro, secondo il mio parere, funzionano ancora bene quando si riesce ad organizzarsi in aula. La relazione di fiducia con il formatore risente, per fortuna, ancora di questa vicinanza. Il fatto che il formatore entri davvero nell’azienda in cui lavora la persona che ha di fronte rende più facile porre delle domande dirette, parlare della propria realtà e avere un punto di vista esterno.

Qual è il cambiamento più grande legato alla pandemia che stai notando?

Quello che è successo quest’anno ha fatto emergere una forte preoccupazione per la salute e il benessere psicofisico dei lavoratori. Tutte le figure chiave legate a questa tematica, RSPP (Responsabile Sicurezza Protezione e Prevenzione), RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) e ovviamente i datori di lavoro, che sono poi quelle con cui mi confronto quotidianamente per la mia professione, si sono ritrovati d’accordo sulla tutela, la promozione e la difesa dei lavoratori. C’è stato un vero lavoro di squadra.

Come stanno cambiando le abitudine dei lavoratori e cosa dovrebbero fare d’ora in poi i datori di lavoro per rendere il lavoro più efficiente, agile e sicuro?

A seguito di alcuni confronti avvenuti dopo la chiusura sono in grado di registrare qualche aspetto importante sui quali giustamente i datori di lavoro stanno agendo. In primo luogo, lavorare sulle relazioni perché è importante non far sentire solo il lavoratore. Ugualmente importante è il tentativo di mettere in relazione la produzione di un bene o servizio con la salute di un lavoratore intesa come “vita di una persona in azienda”. Questo secondo elemento appare scontato. In effetti, io ne sono convinto da tanti anni, ma i livelli di produzione aumentano di pari passi alla soddisfazione che viene percepita dal lavoratore. In altri termini, è importante pensare a cosa percepisce il lavoratore quando ha a che fare con l’azienda o inizia a collaborare con un’azienda. La terza questione che viene affrontata dalla nuova organizzazione delle professioni, probabilmente WWG che si occupa di software e che ha un team internazionale l’avvertirà meno, è come vengono percepiti i rischi legati al lavoro. Questo ultimo punto è legato a una strategia basata sulla formazione e sulla comunicazione. Il datore di lavoro mai come in questo momento fa bene a fornire tutti gli strumenti per comprendere che cosa nei suoi collaboratori influenza la percezione e la propensione al rischio.

Hai l’opportunità di mettere in moto una piccola grande rivoluzione per i lavoratori e i datori di lavoro, decidere un vero e proprio new deal italiano a cui tutti aderiranno con entusiasmo cosa suggerisci e su cosa ti concentri da subito?

La parola rivoluzione mi colpisce molto. Questa domanda mi piace. Io credo che in tutte le organizzazioni professionali si debba mettere al centro la persona. Io credo che ripartiranno più velocemente o sentiranno meno la crisi quelle aziende che hanno curato il rapporto con le proprie risorse. E’ curioso pensare che ci si possa fidelizzare facendo colazione tutte le mattine in un bar sapendo di trovare una persona amica, un consiglio e un supporto, ma a volte si inizia una giornata di lavoro con sentimenti di chiusura. Questa fidelizzazione si ottiene con strumenti molto semplici, ma penso che se applicati possano fare davvero la differenza. Io sto consigliando di lavorare con i focus group, magari a cadenza mensile e altri strumenti di audit per esaminare il clima aziendale. L’organizzazione in squadre per realizzare specifici progetti è un’altra idea che viene accolta molto bene per sentirsi davvero parte della propria azienda. Ancora di più, in quest’ottica, tutto è basato sul nostro apporto. Un valore che è costituito soprattutto da creatività, socialità e confronto. Ecco perché bisogna accertarsi che lo smartworking non metta a repentaglio o renda più difficoltoso questo tipo di relazione. Credo che il lavoro dei prossimi mesi sarà un mix di smartworking e lavoro in sede che permetta di sviluppare l’abilità di lavorare insieme agli altri. Il lavoro in team che al momento propongo funziona molto bene perché è valido nel settore metalmeccanico molto soggetto agli andamenti del mercato, nel manifatturiero, ma anche in tutti i tipi di ufficio. Questi esercizi bisogna testarli! Tutti parlano di ripartire. A me piacciono di più le definizioni che rimandano a uno scarto o a una partenza diversa. A me piacerebbe ci fosse discontinuità con i metodi del passato. Sarebbe bello si disambiguasse, altra bella parola adatta a definire una ripartenza intelligente, alcuni concetti e soprattutto alcune abitudini. Vorrebbe dire che ci è cascata addosso una situazione difficile e noi davvero ci dobbiamo adattare nel senso che abbiamo trovate strade nuove, un nuovo pensiero.

Qual è la cosa più strana che ti è successa negli ultimi mesi legata alla tua professione?

Se non fosse drammatico, questo episodio, potrebbe essere comico. Avevo una lezione programmata già da tempo, un corso d’aggiornamento per preposti. L’appuntamento viene dato in un’aula in cui avrebbero dovuto trovarsi i docenti e i partecipanti. Arrivati scopriamo che in quel posto non poteva avvenire nessuna formazione perché si stava trasferendo proprio lì un’unità della protezione civile per la distribuzione di guanti e mascherine. Ripenso a questo episodio capitato mesi fa e approfitto per ricordare che sono i momenti di difficoltà a spingere le persone a dare di più. Un datore di lavoro che conosco mi ha confidato che durante le settimane più provanti di lockdown la sua azienda ha registrato progressi in alcuni processi interni che normalmente avrebbero comportato molti mesi di formazione. C’è stata un’accelerazione. Questo succede grazie al cambiamento. Nei prossimi mesi sarà una variabile fondamentale. Sarà parte integrante della nostra vita di uomini e sarà un aspetto da mettere al centro della politica aziendale a prescindere dal settore economico. Dovrà essere il motivo ricorrente e non dovrà spaventare. Sono certo che i due aspetti fondamentali del nostro futuro sarà proprio la capacità di aprirsi al cambiamento e quella di lavorare come squadra. Una delle domande che torna più spesso durante i miei corsi è: “Come posso spiegare quello di cui abbiamo parlato a un mio collega? E a un mio superiore?”. Significa che questa attitudine al cambiamento varrà per il dirigente come per l’addetto alle presse, per l’infermiere o per l’avvocato. Come formatore consiglierei di trasmettere informazioni e corsi aziendali basati proprio su questi aspetti di comunicazione.

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